Quando i soldati entrarono in Civitella, si divisero in piccoli gruppi e iniziarono a sfondare le porte e trascinare gli uomini fuori di casa. Le donne e i bambini non ebbero neppure il tempo di vestirsi o di prendere con sé effetti personali. Le abitazioni furono prima saccheggiate e poi incendiate. Due uomini furono fucilati sotto gli occhi dei famigliari in una delle prime case nei pressi di porta Senese. I corpi di alcune delle vittime fucilate per strada furono poi gettate nella cantina di un edificio in fiamme. Quattro uomini furono fatti allineare contro un tratto delle mura a pochi passi dalla porta e fucilati. Sulla via di Mezzo un uomo fu ucciso davanti alla famiglia e un secondo sulle scale di casa.
Nel frattempo alcune squadre avevano raggiunto la parte alta del paese. In un’abitazione in piazza Becattini c’erano l’ospizio e un piccolo ospedale: 6 uomini e 2 donne di età compresa tra i 70 e gli 82 anni furono uccisi all'ingresso con colpi di arma da fuoco e bombe a mano. In casa della famiglia Tiezzi, di fronte all’ospizio, padre e figlio vennero trovati in camera da letto e qui freddati. Altre 2 persone che tentavano di darsi alla fuga furono colpite a morte dai soldati in piazza Becattini. Di qui i tedeschi raggiunsero piazza Vittorio Emanuele. Qui sorgevano alcuni degli edifici principali di Civitella: la scuola, il vecchio municipio e la sede del Dopolavoro, dove aveva avuto luogo l’incursione partigiana del 18 giugno. Quando i soldati arrivarono in piazza, la maggior parte degli abitanti si trovava in chiesa. Da qui udirono numerosi colpi di arma da fuoco e il boato di una bomba a mano esplosa contro la porta: alcuni tentarono di fuggire dalle uscite secondarie. In pochi minuti, tuttavia, tre o quattro soldati fecero irruzione, interrompendo la celebrazione e ordinando ai presenti di uscire. I soldati sulla piazza, circa una ventina, accolsero i nuovi arrivati con urla e scherno. Secondo le testimonianze sembra che le operazioni fossero coordinate sul posto da un maresciallo. Fuori dalla chiesa, gli uomini furono separati dalle donne e dai bambini e trattenuti in piazza sotto la minaccia delle armi. Le donne e i bambini furono allontanati a forza dal paese.
Gli uomini furono condotti a gruppi di cinque in un punto dietro la piazza, e qui freddati con un colpo di pistola alla nuca. Uno di loro, gravemente ferito, sopravvisse; alcuni tentarono la fuga, ma solo uno riuscì a mettersi in salvo. In tutto vi furono 25 vittime. Il massacro degli uomini fu generalizzato e solo pochi riuscirono a sopravvivere.
Nella località detta "La Palazzina", ai piedi del colle, i soldati in un primo tempo si limitarono a tenere prigioniere 70-75 persone mentre Civitella bruciava. Solo dopo la consegna di un documento al comandante dell’unità, donne e bambini furono liberati e costretti ad allontanarsi. I 20 uomini rimasti furono scortati in un luogo poco distante, oltre il ponte, e uccisi con raffiche di mitragliatrice.